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La Corte di appello di Firenze non ha creduto che sia morta mentre scappava da un tentativo di stupro, Martina Rossi, che aveva 20 anni mentre all’alba del 3 agosto 2011 precipitava dai balconi di un hotel di Palma di Maiorca (Spagna) mentre stava cercando di sfuggire all’aggressione.

E così i giudici hanno ribaltato la sentenza del tribunale di Arezzo, che nel dicembre 2018 li aveva condannati a 6 anni, gli imputati Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni, due aretini incontrati da Martina nella vacanza con le amiche. Erano accusati di tentata violenza sessuale di gruppo. La corte li ha assolti con formula piena, perché il fatto non sussiste.

Quando Martina cadde era nella stanza dei due e cercava di uscire dalla camera passando dalla terrazza ma finì nel vuoto. La procura generale aveva chiesto per loro 3 anni di reclusione, la pena massima possibile visto che uno dei reati inizialmente contestati ai due imputati, quello di morte in conseguenza di altro reato, è caduto in prescrizione durante la stesura della sentenza di primo grado. Accusa, questa, formalmente prescritta alla prima udienza del processo di appello, nel novembre 2019. Tuttavia, dice la sentenza, Albertoni e Vanneschi sono stati assolti con formula piena da entrambi i reati, anche da quello prescritto.

Una vera mazzata per i genitori di Martina Rossi – la famiglia è di Genova -, presenti alla lettura della sentenza, che hanno ascoltato tenendosi per mano. «Non c’è niente, Martina non c’è più, e anche la giustizia non c’è più», ha dichiarato dopo, affranto, il padre della studentessa, Bruno Rossi, mentre la madre, Franca Murialdo, lasciava l’aula non riuscendo a dire parola. «La giustizia italiana si è interrotta sul lavoro fatto in precedenza», ha detto ancora Bruno Rossi. «Cosa farò domani?», ha aggiunto, «terrò stretta mia moglie». E ancora: «Sono arrabbiato, l’assoluzione ‘perché il fatto non sussiste’ sconvolge ogni logica, vuol dire infangare l’onore di Martina, vuol dire sostenere che è volata giù da sola».

Di segno opposto le dichiarazioni del difensore di Luca Vanneschi, avvocato Stefano Buricchi, che ha parlato di «fine di un incubo». I due imputati hanno seguito l’udienza ma non hanno aspettato la lettura del dispositivo. La sentenza segna pure la conclusione di un processo teso dove ci sono stati frequenti battibecchi tra il pg Luciana Singlitico e i difensori, che hanno costretto più volte la corte a intervenire.

Più volte gli avvocati degli imputati hanno chiesto, senza ottenerla, la riapertura del processo, per sentire nuovi testimoni. Hanno persino presentato eccezione di nullità, respinta, contro la decisione della corte di appello di anticipare il calendario del processo per evitare il rischio di prescrizione, che scatta ad agosto 2021 – anche del secondo reato contestato. Per l’accusa, Martina cadde nel vuoto nel disperato tentativo di saltare da un balcone all’altro per sfuggire ai due che volevano violentarla. La difesa ha sempre sostenuto che la ragazza si sarebbe buttata, poiché in stato confusionale dovuto a droga. Motivazioni della sentenza tra 40 giorni.

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