Savona. Questa sera una folla come sempre molto numerosa, proveniente da tutte le comunità della diocesi, ha gremito la Cattedrale dell’Assunta per la Messa Crismale del mercoledì Santo presieduta dal vescovo Calogero Marino. E da tutta la diocesi provenivano ovviamente anche i sacerdoti riuniti per celebrare assieme al pastore e al vescovo emerito Vittorio Lupi, questo passaggio molto importante dell’anno liturgico. A sottolineare ulteriormente il momento di unione, altre due testimonianze della nostra Chiesa: presso l’altare delle Anime, i numerosi rappresentanti delle confraternite diocesane che hanno come di consueto presenziato in cappa, mentre nel coro il gruppo vocale composto da cantori di varie realtà nelle diverse parrocchie e guidato da padre Piergiorgio Ladone e dal maestro Paolo Venturino. Davanti alle centinaia di fedeli che hanno affollato il Duomo – molte persone hanno partecipato alla celebrazione in piedi – e di fronte a tutto il clero, riunito per la rituale benedizione e consacrazione degli oli, il vescovo Marino, prima di pronunciare l’omelia si è detto contento della grande partecipazione a questo momento che vede la diocesi riunita: “Mi piace che siamo qui in tanti, come una famiglia, attorno ai sacerdoti, ma soprattutto per stare assieme a Gesù. Vorrei salutarvi uno per uno, dai più piccoli ai più grandi”.
Il coraggio della leggerezza. Questo il tema centrale scelto dal vescovo Calogero Marino per l’omelia della Messa crismale di quest’anno, come sempre rivolta in particolare ai sacerdoti, ma più in generale a tutti i fedeli. «All’inizio di questa solenne e gioiosa celebrazione abbiamo pregato così: concedi a noi, partecipi della consacrazione del Cristo, di essere testimoni nel mondo della sua opera di salvezza – ha esordito il presule – per diventare per grazia testimoni in questo tempo difficile dovremo imparare da Lui, ‘il testimone fedele’. Mi fermo solo su un aspetto, che credo decisivo, del suo stile: da Lui, questa sera, vorrei imparare la virtù della leggerezza, nel suo legame con l’itineranza. Anche perché, consentitemi la citazione giovanile di Niccolò Fabi, “per ogni tipo di viaggio è meglio avere un bagaglio leggero”. Anche per il viaggio che insieme, un passo dopo l’altro, stiamo facendo, come Chiesa di Dio che è in Savona”. “Ecco: vorrei imparare, vorrei che imparassimo, dalla leggerezza dell’uomo folle, che cammina confidando, senza sapere dove posare il capo. O meglio: che cammina, posando il capo sul cuore del Padre – ha poi proseguito – avverto invece che il cammino della nostra Chiesa e, in particolare, il ministero di noi preti rischiano di essere caricati di pesi che rallentano il passo e rendono corto il fiato. Ne indico quattro». Ecco quindi i punti.
“Il peso delle cose da fare e da gestire, innanzi tutto. Necessarie, certo, ma che rischiano di allontanarci dall’essenziale. Me ne sono accorto, in particolare, nei mesi (bellissimi!) della Visita pastorale … Occorre davvero che i Consigli parrocchiali per gli affari economici (che sono obbligatori e desidero ci siano in ogni Parrocchia) aiutino i Parroci nella gestione, e che gli Uffici di Curia (come del resto stanno già facendo e bene!) li sollevino da troppe incombenze, anche perché la legislazione è sempre più intricata e complessa”.
“Il peso di una tradizione oggi difficilmente compresa dalle giovani generazioni. E’ la seconda breve osservazione che voglio condividere con voi. Un apparato dottrinale, morale, liturgico e pratico ricchissimo e articolato, del quale però non sempre a tutti è facile cogliere il cuore. Si tratta allora oggi, anche per la nostra Chiesa, di riscoprire il centro che è Lui, Gesù, l’Unto”.
“Ma anche la solitudine può appesantire la vita di un prete. Il nostro celibato (lo evidenziavo già nella mia prima Messa crismale con voi, a Savona) è un dono grande, ma deve renderci artigiani di fraternità, capaci di tenerezza e cura; non possiamo isolarci dal presbiterio e da chi il Signore ci affida: diventeremmo un po’ cinici e disillusi. Camminare insieme, invece, ci dà gioia e rende più leggero il nostro passo.
“Ma qualche volta rischiamo anche, forse senza volerlo, di diventare un peso per noi stessi. Può diventare peso anche la cura di sé, quando diventa eccessiva; può diventare peso la nostra abitazione, quando non è sobria ed essenziale; può diventare peso anche il pensiero del futuro. Vi confesso che sono sempre affascinato dalle parole di Gesù, anche se non sempre riesco a praticarle fino in fondo: non preoccupatevi per la vita, di quello che mangerete; né per il corpo di quello che indosserete (Lc 12,22)”
“I tanti, troppi pesi della vita non ci devono rubare l’essenziale – ha affermato in chiusura il vescovo Marino – mi piace dirlo, per concludere, con le parole straordinarie di una giovane donna, Etty Hillesum, morta ad Auschwitz nel 1943: ‘L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, e anche l’unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di Te in noi stessi, mio Dio. E forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini… Esistono persone che all’ultimo momento si preoccupano di mettere in salvo aspirapolvere, forchette e cucchiai d’argento, invece di salvare te, mio Dio. E altre persone che…vogliono a tutti i costi salvare il proprio corpo. Dicono: me non mi prenderanno. Dimenticano che non si può essere nelle grinfie di nessuno se si è nelle tue braccia’. Solo se ci lasceremo, in questa Pasqua, abbracciare dalla misericordia di Dio, mettendoci senza paura nelle sue mani, saremo davvero Chiesa leggera, Chiesa in uscita”.
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