Savona. Oltre 16 milioni versati al fisco, circa 1,5 milioni già messi a disposizione per confisca, 890mila euro donati al Gaslini e patteggiamenti con pene comprese tra i 2 anni e 1 anno e 6 mesi. Si è conclusa la vicenda che ha visto coinvolti i membri della famiglia Orsero, fondatori dell’azienda di import-export di frutta. Secondo il procuratore aggiunto Francesco Pinto e il sostituto Marcello Maresca ci sarebbe stata una “stabile struttura occulta” per tenere la contabilità in nero delle varie società e, attraverso società off-shore, fare rientrare quelle somme illecite per ripartirle ai partecipanti. A patteggiare Maria Grazia Cassanini (moglie del fondatore), Raffaella e Anna Chiara Orsero, Pierangelo Ottonello, Anna Maria Tacchini soci della holding del gruppo, Angelo Bonanata, Alessandro Cavalli e Francesco De Lorenzo, mentre Sara Valle è stata rinviata a giudizio (avvocati Cesare Manzitti, Fabio Fossati e Sara Cervetto). Le accuse, a vario titolo, vanno dall’appropriazione indebita, al riciclaggio e l’intestazione fittizia di somme di denaro e evasione fiscale.
L’indagine era partita dai cosiddetti fidi facili di banca Carige ai tempi della gestione del presidente Giovanni Berneschi. Gli Orsero avrebbero ricevuto 91 milioni di euro e non li avrebbero mai restituiti. Secondo i magistrati gli Orsero avrebbero “costituito una associazione (nel 2008 Montecarlo Group poi Gf Montecarlo) per conseguire profitti occulti da attività in nero dalle società e il loro depauperamento”. Bonanata, arrestato nel 2016 mentre portava i soldi dalla Svizzera, per i pm avrebbe “su incarico di Antonio e Raffaella Orsero e Pierangelo Ottonello costituito società off-shore per ricevere e intestare in modo fittizio somme di illecita proprietà del sodalizio (sia mediante raccolta di contante proveniente da società estere del gruppo, sia mediante ricezione di somme frutto di sovra fatturazione)”, ed era anche incaricato “ai successivi trasferimenti di parte delle stesse somme in Italia sia tramite società off-shore che tramite spalloni o atti di compensanzione”. Per la procura così gli imputati si sarebbero appropriati di 127 milioni nel periodo compreso tra il 2006 e il 2016. Questa ultima tesi era però stata smontata dal gip che aveva respinto la richiesta di sequestro dei soldi sostenendo che i conti fatti dai pm non erano attendibili.
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