L’attore romano, uno dei più grandi del teatro, della TV e del cinema italiano, si trovava nella clinica già da una quindicina di giorni, ma la famiglia aveva voluto mantenere il massimo riserbo.
Gigi Proietti, morto nel giorno del suo 80° compleanno, era ricoverato in gravi condizioni nel reparto di terapia intensiva di una clinica di Roma. L’attore romano, uno dei più grandi del teatro, della TV e del cinema italiano, si trovava nella clinica già da una quindicina di giorni, ma la famiglia aveva voluto mantenere il massimo riserbo. Proietti aveva avuto un attacco cardiaco: soffriva già di problemi al cuore. A darne notizia le due figlie, entrambi attrici, Susanna e Carlotta, e la moglie Sagitta Alter:
«Nelle prime ore del mattino è venuto a mancare all’affetto della sua famiglia Gigi Proietti. Nelle prossime ore daremo comunicazione delle esequie»
Unanime il cordoglio dei suoi colleghi e delle persone che gli hanno voluto bene, indimenticato il suo enorme contributo al cinema Italiano, che non senza una certa umiltà fino all’ultimo definì essere troppo poco.
Talento unico, autoironia, cinismo romano stemperato nella battuta, scopre il teatro all’università. «I miei ci tenevano alla laurea» racconta, «io studiavo, si fa per dire, Giurisprudenza ma la sera mi esibivo. Poi il mio amico Lello, che suonava nella nostra band, una sera viene a vedermi e mi dice: “Devi fare questo”. Ho capito che recitare mi piaceva tantissimo, è diventata la mia vita. Ma per papà non era la scelta giusta, era preoccupato e mi ripeteva: “Prendi un pezzo di carta, se piove o tira vento è una sicurezza”».
Un vero mattatore, che passa dalla musica (fa il verso a Louis Armstrong, diverte con Nun me rompe er ca’ ) alle celebri macchiette di Petrolini, per arrivare a Shakespeare. I primi successi dell’attore romano arrivano in una cantina in Prati in cui recita Brecht e poi con lo Stabile dell’Aquila diretto da Antonio Calenda, che lo guida in testi di Gombrowicz e di Moravia.
All’inizio del nuovo millennio fu protagonista anche al Festival di Borgio Verezzi. «Un personaggio straordinario – lo ricorda così il direttore artistico della rassegna teatrale Stefano Delfino – Un attore di altissimo livello che ricordiamo con grande stima e affetto». Al Festival di Borgio partecipò come regista di “Taxi a due piazze” con Gianluca Guidi (2000) e alla direzione di “Falstaff e le allegre comari di Windsor” con Giorgio Albertazzi (2001).
Una carriera ricca, lunghissima, più di mezzo secolo in scena e sul set. L’attore aveva sempre ironizzato sulla sua data di nascita: «Che dobbiamo fa’? La data è quella che è, il 2 novembre».
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