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Atteso in un passaggio ravvicinato nel 2029 sarà grande occasione per esplorarlo.

Al netto di tutti gli infondati allarmismi circolanti sulle tante testate online nazionali ed internazionali, la comunità scientifica è in fermento per il passaggio ravvicinato dell’asteroide Apophis. Atteso il 13 aprile 2029, saluterà la Terra da una distanza ridotta non inferiore ai 29470 chilometri. Il corpo celeste passerà sopra la zona del medio Atlantico, sarà visibile ad occhio nudo ed apparirà come un punto luminoso che rapidamente attraverserà il cielo.

Un’occasione irripetibile per poterlo studiare da “vicino”, e si iniziano già a programmare le missioni spaziali per poterlo visitare: strumenti o sciami di minisonde per studiarne il cuore sono tra le ipotesi già presentate a Washington, nella conferenza sulla difesa planetaria organizzata dall’Accademia Internazionale di Aeronautica.

«Un oggetto così grande si avvicina una volta ogni mille anni», ha rilevato il planetologo Richard Binzel, del Massachusetts Institute of Technology (MIT). Anche per il planetologo James Bell, dell’Arizona State University, il passaggio «è un’opportunità per la NASA e per le altre agenzie spaziali».

Per i più curiosi, è possibile osservare la posizione in tempo reale dell’asteroide sul sito theskylive.com

Stima della traiettoria di Apophis. In giallo l’orbita dell’asteroide nel passaggio del 2029, alla distanza analoga a quella di alcuni satelliti nell’orbita terrestre (in azzurro). La linea porpora indica l’orbita della Stazione Spaziale Internazionale (fonte: NASA/JPL-Caltech)

Identikit di Apophis

99942 Apophis, dal nome greco del dio dell’Antico Egitto Apòfi, detto “il Distruttore”, è un asteroide near-Earth (oggetti celesti con orbite vicine alla Terra) di 325 metri circa di diametro che, con i suoi 46 miliardi di Kg di massa ed una densità di circa 2700 Kg/m3, si muove nello spazio siderale ad una velocità media di 30,73 Km/s, e che ha causato un breve periodo di allarme nel dicembre 2004, in quanto le osservazioni iniziali indicavano una probabilità relativamente alta di collisione con la Terra nel 2029: il 27 dicembre 2004 fu calcolata l’allarmante probabilità d’impatto del 2,7%, ossia di 1 su 37. Tuttavia osservazioni successive hanno permesso di determinare l’orbita con maggior precisione e nell’aprile-maggio 2013 si è esclusa la possibilità di un impatto.

Fu scoperto il 19 giugno 2004 dal Kitt Peak National Observatory, in Arizona, da Roy A. Tucker, David James Tholen e Fabrizio Bernardi del progetto di ricerca asteroidi finanziato dalla NASA all’Università delle Hawaii. Il 18 dicembre l’oggetto fu riscoperto in Australia da Gordon Garradd dall’Osservatorio di Siding Spring, un altro impianto NASA che si occupa del rilevamento degli asteroidi near-Earth. Ulteriori osservazioni da più parti del globo nei giorni seguenti permisero al Minor Planet Center di confermare che era lo stesso oggetto scoperto a giugno.

Al momento della scoperta si riteneva che Apophis il 13 aprile 2029 si sarebbe venuto a trovare a una distanza così ravvicinata alla Terra da raggiungere una magnitudine pari a 3,3, tanto da poter essere individuato a occhio nudo senza difficoltà da una vasta zona di Europa, Africa e Asia occidentale.

Rimase a lungo al livello 1 della Scala Torino poiché aveva una probabilità di impatto molto bassa, ma non pari a zero, nel passaggio del 2036 a causa dell’incontro del 2029 che, alterando l’orbita dell’oggetto, rendeva incerte ulteriori previsioni, in assenza di maggiori dati.

Nel luglio 2005 l’ex astronauta Rusty Schweickart, in qualità di presidente della Fondazione B612, chiese formalmente alla NASA di valutare la possibilità che l’orbita dell’asteroide dopo il 2029 potesse trovarsi in risonanza orbitale con la Terra, il che avrebbe accresciuto la probabilità di impatti futuri. Nel febbraio 2007 Schweickart annunciò che la minaccia che Apophis potesse colpire la Terra il 13 aprile 2036 stava diventando così concreta che le Nazioni Unite dovevano assumere il coordinamento di una missione spaziale internazionale basata sul progetto innovativo di un trattore gravitazionale per deviare il corpo ed evitare il possibile impatto con il nostro pianeta.

Al 6 maggio 2008, dopo 2 osservazioni radar, 5 analisi Doppler e 731 osservazioni ottiche, si definì che la probabilità di un impatto nel 2029 era stimata allo 0,0022% (1 a 45 000). Nell’ottobre 2009 una nuova stima, basata su mesi di osservazioni condotte da astronomi dell’Università delle Hawaii, abbassò la probabilità allo 0,0004% (1 a 250 000).

Perché è importante studiarlo

Resta la preoccupazione per i passaggi successivi al 2029, come quello del 2036 e quello del 2068. Al fine di mitigare il rischio, bisogna quindi conoscere bene l’asteroide e la sua orbita e il passaggio del 2029 è importantissimo per studiarlo da vicino.

Conoscere la struttura interna di Apophis, ad esempio, fornirebbe un’informazione chiave per capire se, in futuro, è possibile pensare di colpire l’asteroide per frantumarlo o per deviarne la traiettoria. A tal fine si potrebbe sistemare un sismometro sulla sua superficie, come ha fatto su Marte la missione Nasa InSight, per catturare le piccole vibrazioni che attraversano la roccia spaziale e che possono aiutare a comprendere la sua struttura interna.

C’è anche l’idea di colpire l’asteroide con un proiettile per spazzare via le rocce di superficie e vedere i materiali ‘puri’, come ha fatto la sonda giapponese Hayabusa sull’asteroide Ryugu. Fra le altre ipotesi vi è quella di inviare uno sciame di piccole sonde. Tuttavia, ha detto Bell, nel programmare queste missioni «dobbiamo essere molto cauti e dobbiamo evitare di fare qualsiasi cosa che possa cambiare l’orbita dell’asteroide».

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