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I vostri file hanno finito di sincronizzarsi, e voi siete pronti a collegare la vostra chiavetta. Provate una volta. Sicuramente fallite nel proposito. Scontri di metallo con metallo. Umiliati e scoraggiati, girate la pendrive e riprovate ancora una volta. Di nuovo un fallimento! Com’è possibile?

Accigliati e pronti a gettare la spugna, girate nuovamente la chiavetta nella posizione iniziale per un ultimo tentativo. Ecco che si inserisce. L’amara vittoria non dà soddisfazione, avvelenata dall’assurdità di tutto il processo.

Ovviamente si scherza, anche se per certo più di un lettore si sarà trovato in questa, a volte, assurda situazione domandandosi come sia possibile, e perché quando è stata realizzata l’interfaccia USB, non si è pensato a renderla reversibile.

Per anni gli utenti di Internet si sono lamentati dell’interfaccia USB, o Universal Serial Bus, e della sua intrinseca difficoltà nel riuscire a connettersi al primo colpo. Lamentele che hanno portato col tempo alla creazione di meme relativi alle comuni esperienze condivise. Alcuni lo hanno ribattezzato il paradosso USB, l’apparentemente impossibile processo di sbagliare due volte un errore col 50% di probabilità.

Ajay Bhatt, a capo del team che in Intel creò la USB – un’interfaccia di connessione praticamente presente ovunque, in grado di connettere al proprio PC: mouse, tablet, smartphone, stampanti, pendrive, e molti altri dispositivi – ha spiegato come quel modello ha portato non poche frustrazioni.

«La più grande mancanza è stata la reversibilità – spiega Bhatt –. Ma ciò faceva parte del progetto». Parole che fanno capire come la mancanza di reversibilità nelle specifiche originarie di USB avesse delle motivazioni specifiche.

Un’interfaccia USB con la possibilità di connessione in entrambe i modi, avrebbe richiesto cavi e circuiti doppi, raddoppiandone i costi di produzione. Anticipando la frustrazione che questa scelta progettuale avrebbe portato con sé, Bhatt con il suo team optarono per un design rettangolare ed una probabilità del 50% di riuscire nella connessione all’interfaccia, piuttosto che un connettore rotondo con un minor margine di errore.

Nessuno avrebbe potuto immaginare la quantità smisurata di meme che una scelta simile avrebbe successivamanete generato.

Bhatt riconosce come tutto ciò sia stato frustrante per i tanti utenti che si lamentano di ciò: «con il senno di poi, sulla base di tutte le esperienze che tutti abbiamo avuto, ovviamente la scelta non è stata così azzeccata come sarebbe dovuta essere». Invece di prendere in considerazione i costi ulteriori che una USB reversibile avrebbe avuto in fase di realizzazione, il team di Bhatt in Intel scelse strategicamente di mantenere i costi al minimo per invogliare tutti i produttori di computer dell’epoca ad adottare il modello USB: «c’è voluto del tempo per dimostrare come questa tecnologia fosse indispensabile», ha spiegato Bhatt.

Una progettazione economica ha permesso a Bhatt di avere successo, e il 7 maggio del 1998 Steve Jobs presentò il primo computer iMac con porte USB. Oggi la USB è uno standard industriale.

Intanto, per tutti gli utenti irritati che non accettano il ragionamento che sta alla base delle scelte di Bhatt e del suo team, il modello più recente della USB, l’USB-C, rilasciato 5 anni fa, è reversibile.

L’idea di Bhatt per l’interfaccia USB è stata ispirata dalla sua stessa esperienza di utente che si occupa di frustrazioni tecnologiche ben oltre lo scopo di un cavo che non si connette al primo tentativo. Ogni volta che tentava di collegare un nuovo dispositivo, si scontrava con un groviglio di cavi annodati, ognuno con la necessità di una porta di tipo differente: «sia come utente che come sviluppatore, ho visto come le interfacce disponibili allora fossero davvero complesse e poco pratiche». Bhatt era convinto che l’utente medio avrebbe dovuto godersi il proprio computer, invece di impazzire tra cavi ed interfacce.

Nonostante ciò, da quando la sua invenzione ha spiccato il volo nell’industria tecnologica, Bhatt non ha goduto della stessa fama o profitto che ha ottenuto la sua creatura. Infatti non ha guadagnato un singolo centesimo dal suo progetto USB, dato che Intel ne detiene il brevetto, ottenendo però un riconoscimento nel 2013 dall‘Ufficio Brevetti Europeo con la vincita di un European Inventor Award, nella categoria dei paesi non europei.

«Non eravamo preoccupati della notorietà – spiega Bhatt – In fondo era un lavoro di squadra ed il mio pensiero era che se tutti adottano la tua idea, allora hai avuto comunque successo. La notorietà dovrebbe essere data alla tecnologia

Il progetto USB non è l’unico della decennale carriera di Bhatt, che ha dedicato le sue conoscenze alla tecnologia relativa all’accessibilità. In Intel ha contribuito all’invenzione dell’interfaccia AGP (Accelerated Graphics Port) precursore dell’attuale interfaccia per la connessione delle schede grafiche, e del PCI Express, il connettore presente nella maggior parte delle schede madri odierne che ha contribuito ad incrementare la banda passante e di conseguenza la velocità dei dati nei computer, oltre che a soppiantare gli standard AGP, PCI, e PCI-X.

Nato in India il 6 settembre del 1957, Ajay V. Bhatt si è trovato a dover affrontare diversi ostacoli lungo il suo percorso professionale: ottenere un posto ipercompetitivo in una delle scuole di ingegneria dell’India; ottenere il suo visto per gli Stati Uniti; convincere le aziende ad adottare il modello USB. E tutti richiedevano la stessa tenacia e perseveranza. «Ho avuto momenti difficili quando la gente mi diceva che le cose non si potevano fare, ma sono stati anche i momenti che mi hanno dato maggior energia – ha spiegato Bhatt – Quando ti trovi a dover affrontare molti pareri contrari, inizia a capire che stai lavorando ad un problema che necessita di essere risolto

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