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Ad agosto i prezzi delle commodities non energetiche salgono ancora del 31,9%. In Liguria lo “shock” maggiore pesa sulle realtà di Genova e Savona. Giancarlo Grasso (Confartigianato): «Il rincaro frena la ripresa riducendo produttività e propensione a investire. Serve intervento deciso per evitare manovre speculative»

Genova. 990 milioni di euro. È questo il valore dell’impatto dei maggiori costi delle materie prime che pesa sulle 22.963 micro e piccole imprese liguri attive nel manifatturiero e nelle costruzioni. Settori che nella nostra regione danno lavoro a 64.281 persone. Il dato emerge dalla recente analisi dell’Ufficio studi Confartigianato, che, sulla base degli ultimi dati Bce e Istat, ha quantificato lo “shock” dell’aumento dei prezzi delle commodities sul sistema delle micro e piccole imprese. Calcolato anche il peso sul Pil regionale, pari al 2%. A livello nazionale l’impatto è di ben 46,2 miliardi (2,6% sul Pil) ed è tutto sulle spalle di 848 mila micro e piccole imprese (oltre 3,1 milioni di addetti) che nel 2020 hanno acquistato materie prime per 156,1 miliardi.

Per quello che riguarda l’analisi del trend, il rincaro delle commodities non energetiche prosegue la sua corsa, seppur facendo registrare una lieve decelerazione: rispetto al +36,1% di luglio e al +35,9% di giugno, ad agosto i prezzi segnano un aumento del 31,9% (il confronto è con gli stessi mesi del 2020).

«Una situazione che mette un freno alla ripresa, perché riduce il valore aggiunto e la propensione a investire, con conseguenze gravi sulla produttività e l’occupazione – spiega il presidente di Confartigianato Liguria, Giancarlo GrassoAccade spesso che molte nostre aziende debbano rinunciare alle commesse, non solo per il prezzo troppo elevato delle materie prime, ma anche per la difficoltà a reperirle sul mercato. È ciò che si verifica, in particolare, nella filiera delle costruzioni, in cui la domanda accompagnata dall’incentivo fiscale del superbonus 110% rappresenta un ulteriore fattore di spinta sui prezzi dei materiali edili. Occorre un intervento forte per evitare manovre speculative, facendo leva, per esempio, su meccanismi di calmierazione».

In chiave territoriale, lo shock dei prezzi delle materie prime ha il maggior peso sul sistema delle microimprese lombarde, con un effetto di oltre 11,9 miliardi (16,9 miliardi è l’impatto del rincaro solo sulle regioni del Nord Ovest). Seguono il Veneto (circa 6 miliardi) e l’Emilia Romagna (5,3 miliardi).

In Liguria l’impatto del caro prezzi è così distribuito tra le province: Genova è quella che ne fa le maggiori spese, con un peso di 539 milioni di euro sulle sue 11.782 micro e piccole imprese (oltre 35 mila addetti). Seguono le 4.850 microimprese manifatturiere ed edili di Savona (11.523 addetti), sulle quali lo shock impatta per ben 178 milioni di euro. Sulle realtà spezzine, 2.898 con 9.681 addetti, Confartigianato ha calcolato un impatto da 149 milioni, mentre su quelle imperiesi, 3.433 e 8.064 addetti, lo shock è quantificato in 124 milioni di euro.

c.s.

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