Il primo di luglio, il Giappone ha ufficialmente riaperto la caccia alle balene per fini commerciali, dopo più di 30 anni di caccia per scopi “scientifici”, una politica che ha comunque generato una moria di centinaia di esemplari ogni anno.
Nel dicembre del 2018, il Giappone aveva annunciato che si sarebbe ritirato dalla moratoria della Commissione Internazionale per la caccia alle balene (IWC), avviata nel 1985 per dare alle specie di balene minacciate e in via di estinzione una possibilità di salvezza, ed alla quale aveva aderito nel 1988 accettando di cacciare balene solo per scopi scientifici (come la catalogazione dei dati sulla popolazione), anche se tuttavia è stato fatto ben poco per frenare la caccia commerciale alle balene in Giappone: dal 1985 al 2017, le navi Giapponesi hanno catturato ed ucciso circa 17000 esemplari di balena, la cui carne spesso viene venduta in negozi e ristoranti al termine delle ricerche scientifiche.
All’inizio di luglio, il Giappone si è unito a Islanda e Norvegia, le uniche altre nazioni che permettono la caccia commerciale alla balena ignorando la moratoria del IWC. Le agenzie internazionali fanno sapere che il Giappone limiterà la caccia alle acque territoriali e nella zona esclusivamente economica, cioè circa 200 miglia nautiche (370 chilometri) dalle coste della nazione, e cesserà la caccia alle balene nelle acque dell’Antartico.
Attualmente la popolazione di balene che vive vicino al Giappone comprende le balene minke e di Bryde (considerate “a basso pericolo” di estinzione dalla Lista Rossa di IUCN delle specie minacciate, la quale monitora le popolazioni animali nel mondo) oltre alle balene sei (considerate specie in pericolo).
L’Agenzia di Pesca Giapponese ha stabilito una quota di 227 balene per il 2019. Questo è un valore prudente rispetto alle precedenti attività di caccia: nell’estate del 2017, ad esempio, le navi giapponesi per la caccia alla balena hanno ucciso 333 balene minke solo in Antartide (122 delle quali incinte), e tutto nel nome della scienza.
Sachiko Sakai, 66enne tassista al porto della città di Kushiro, dove il 1° di luglio 5 navi da caccia alle balene si sono imbarcate per una caccia commerciale, ha detto alle agenzie di stampa che la carne di balena è una parte importante della cultura gastronomica del Giappone: «Il mondo si oppone all’uccisione delle balene, ma si potrebbe dire lo stesso per molte altre specie di animali allevati a terra e uccisi solo per essere mangiati».
Mentre la caccia alle balene è stata una parte importante della cultura giapponese per secoli, l’attuale richiesta di carne di balena è estremamente bassa. Secondo le agenzie di stampa internazionali, la carne di balena corrisponde a circa lo 0,1% di tutta la carne consumata in un anno in Giappone.
L’abbandono del Giappone dalla moratoria del IWC, secondo le agenzie di stampa, fa seguito ad anni di pressioni sia da parte dell’industria locale per la caccia alla balena che del Primo Ministro Shinzo Abe, la cui circoscrizione comprende una città con una lunga tradizione di caccia alle balene.
Già lunedì pomeriggio, una balena minke è stata trainata a riva per la pesatura e macellazione.
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