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Savona. Con la scusa della presenza di cinghiali e caprioli negli abitati, dovuta solo ed esclusivamente all’assenza delle persone per le norme sul coronavirus, Regione Liguria e Coldiretti colgono l’occasione per diffondere ingiustificati allarmi di chissà quali pericoli e riproporre l’uso dei cacciatori (ribattezzati “coadiutori”) per limitare il numero di questi animali.

È ormai chiaro invece che la caccia non solo ha fallito (e non ne ha alcun interesse) nel contenerne il numero ma, addirittura come confermano gli scienziati, inascoltati, ne facilita la crescita; la caccia al cinghiale “in braccata” infatti scompiglia gli originali grossi branchi di cinghiali, guidati da una femmina alfa che è l’unica a riprodursi: la formazione quindi di piccoli gruppi permette a molte più femmine, e sempre più giovani, di riprodursi anch’esse; in questo caos è invece utilissima la presenza del lupo che, come sanno bene esperti e cacciatori, favorisce il ricompattamento dei branchi a fini di autodifesa: nei grossi branchi, naturalmente costituiti da femmine e giovani, è più facile ed efficace difendere questi ultimi dagli attacchi del lupo.

E proprio a proposito di lupi, la Protezione Animali savonese ricorda che da tempo proponeva di difendere le greggi con cani da guardianìa e stalle e stazzi robusti; finalmente, dopo tanto temporeggiare, come al solito parlando di abbattimenti a fucilate di una parte dei lupi, la Regione Liguria ha finalmente cominciato a dare i pastori maremmani agli allevatori.

ENPA attende ora fiduciosa (ma non tanto) che i politici liguri comincino a ragionare, per limitare cinghiali e caprioli, sui sistemi alternativi (come la vaccinazione specie-specifica, etc.) peraltro imposti come prioritari all’abbattimento dalla legge vigente, ascoltando una volta tanto, se non la Protezione Animali, scienziati ed esperti non succubi dei cacciatori.

c.s.

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