La Protezione Animali savonese denuncia il trionfalismo inopportuno su Pelagos, il cosiddetto Santuario dei Cetacei, come se si trattasse di un tratto di mare dove esista una tutela.
Savona. Da qualche settimana Fabio M., con la sua tavola (un sup), collaboratore della Protezione Animali savonese, esce in mare, davanti alla spiaggia della Madonnetta a Savona, in un momento di tregua del tempo e, sistematicamente, si trova a navigare in mezzo alle meduse, in pieno inverno.
Si tratta di un fenomeno che non rivela un mare pulito ma è causato semplicemente dal gioco delle correnti marine; il fenomeno però si sta rapidamente intensificando e ciò dovrebbe preoccupare gli organi di gestione delle risorse marine; perché è la palese dimostrazione di un mare svuotato dei pesci che se ne cibano: i maggiori predatori di meduse sono infatti, oltre alle testuggini e tartarughe marine, tonni, pescispada, pesci luna, pesce azzurro e molte altre specie fortemente pescate; le stesse meduse catturano poi piccoli pesci ed organismi marini, innescando così un circuito di ulteriore impoverimento del mare.
Enpa Savona denuncia il trionfalismo inopportuno su Pelagos, il cosiddetto Santuario dei Cetacei, come se si trattasse di un tratto di mare dove esista una tutela: nulla di più falso, perché a parte la sua istituzione con la legge 391 dell’11 ottobre 2001, non è più stato approvato un solo articolo di legge e Pelagos rimane quindi solo una “espressione geografica”.
Ecco invece cosa chiede da tempo inascoltata di fare, e subito:
- Costituire nuove e vaste aree marine protette dove ogni attività di pesca ed inquinante sia bandita, quelle esistenti sono francobolli (Portofino, Bergeggi, Gallinara),
- Utilizzare i soldi destinati dall’Unione Europea al settore della pesca anche per la ricerca ed il recupero delle migliaia di chilometri di reti da pesca perdute o abbandonate sul fondo del mare, finanziare la riconversione di quelle di plastica in materiali biodegradabili, attivando finalmente servizi a terra che permettano ai pescherecci di smaltire plastica e rifiuti rimasti nelle reti a strascico,
- Proibire l’uso delle “ferrettare”, reti lunghe fino a 2,5 chilometri, vere trappole per cetacei e pesci pelagici e vietare la pesca sportiva con attrezzi professionali, come nasse e parangali, e ridurre il pescato giornaliero permesso da cinque ad un chilo,
- Favorire e finanziare le imprese e le iniziative che organizzano l’osservazione corretta dei cetacei, lo snorkeling, le esplorazioni subacquee ed i percorsi turistici marini,
- Deviare, ove possibile, il traffico marittimo dai tratti di mare in cui la ricerca scientifica ha provato essere rotte abituali dei cetacei.
- Incentivare la costruzione di motori marini ed imbarcazioni a più basso impatto sonoro e con carburanti meno inquinanti,
- Promuovere il consumo davvero sostenibile del pesce di mare, che deve necessariamente mirare alla riduzione e non all’aumento del quantitativo annuale pro-capite, oggi per gli italiani a 32 chili (il triplo di vent’anni fa!),
- Scoraggiare l’acquisto di pesce di altri mari e di quello di acquacoltura (alimentato con farina di pesce selvatico): dei pesci acquistati e mangiati dagli italiani 4 su 5 sono “stranieri” e la metà d’allevamento.
c.s.
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