In questi giorni, da parte del Museo Archeologico del Finale, della sezione finalese dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri e del Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita dell’Università di Genova, è stato pubblicato un atteso libro dedicato alla “Pietra di Finale”.
Si tratta di una pubblicazione dal titolo: “Pietra di Finale. Una risorsa naturale e storica del Ponente ligure”, edita a cura di Giovanni Murialdo, Roberto Cabella e Daniele Arobba.
Dopo la presentazione di Vincenzo Tinè, fino a pochi giorni fa Soprintendente ai Beni Archeologici, Belle Arti e Paesaggio della Liguria, il volume contiene alcuni importanti contributi riguardanti gli aspetti geologici e naturalistici della Pietra di Finale. Particolare attenzione è stata rivolta agli ambienti del mare miocenico dal quale tra 28 e 11 milioni di anni fa si formò questa roccia ed ai fossili che caratterizzano le formazioni della Pietra di Finale e di quella di Verezzi. Tra questi, un capitolo specifico riguarda l’importante testimonianza ossea di balenide proveniente dalla cava dell’Aquila, recentemente acquisita ed esposta nel Museo Archeologico del Finale.
Segue una fitta sequenza di capitoli dedicati alle tecniche estrattive, all’impiego ed alla diffusione della Pietra di Finale nei vari periodi storici, a partire dalla Preistoria e soprattutto in Età romana e tardoantica, quest’ultima caratterizzata dalla produzione di tipici sarcofagi diffusi in tutta la Liguria tra V e VII secolo.
Particolare rilievo ha ovviamente l’impiego di Pietra di Finale durante il Medioevo e nella costruzione di importanti edifici rinascimentali da parte dei Del Carretto tra la metà del Quattrocento e i primi decenni del Cinquecento.
In Età moderna, la Pietra di Finale – e in particolare quella estratta a Verezzi – furono usate a Genova in prestigiosi edifici civili e religiosi riconducibili alle grandi famiglie dell’aristocrazia locale, così come nella vicina Loano, feudo dei Doria.
Infine, vengono ripercorse le vicende delle principali figure che tra Otto- e Novecento segnarono le vicende estrattive di questi materiali e il loro impiego da parte di prestigiosi nomi dell’architettura e della scultura italiana del XX secolo, quando la Pietra di Finale conobbe una diffusione che raggiunse anche altri continenti.
Il capitolo conclusivo sottolinea le potenzialità offerte da un recupero delle antiche cave nell’ambito di una suggestiva valorizzazione di questi esempi di archeologia industriale.
La pubblicazione, di oltre 570 pagine, rientra tra le iniziative di valorizzazione del territorio finalese nell’ambito del progetto per la creazione di un Museo Diffuso del Finale – MUDIF, sostenuto dalla Compagnia di San Paolo.
In attesa della presentazione ufficiale al pubblico, prevista nel prossimo mese di settembre, la pubblicazione è già reperibile presso il Museo Archeologico del Finale a Finalborgo e presso alcune delle principali librerie locali.
c.s.
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