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Per non dire Adiòs all’olio Made in Liguria serve maggiore trasparenza dagli scaffali al ristorante

È invasione di olio d’oliva spagnolo, con le importazioni che nel 2019 crescono in quantità del 48% con gravi ripercussioni sul mercato e sull’Uliveto Italia: l’olio ligure, simbolo di questa terra e pilastro della dieta mediterranea, deve essere difeso di fronte alla concorrenza estera con la totale trasparenza in etichetta, per tutelare chi produce e chi consuma questa grande eccellenza apprezzata a livello nazionale ed internazionale.

È quanto afferma Coldiretti Liguria in base all’analisi di Coldiretti sui nuovi dati Istat relativi al commercio estero, che evidenziano come il settore olivicolo vada in netta controtendenza rispetto al surplus commerciale fatto registrare a livello generale, con l’arrivo di ben 280 milioni di chili di olio iberico nei soli primi otto mesi dell’anno, spesso mescolati con quelli nazionali per acquisire, con le immagini in etichetta e sotto la copertura di marchi storici, magari ceduti all’estero, una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati nazionali e mondiali. Grazie alla crescita record la Spagna si conferma il primo importatore in Italia con oltre i tre quarti del totale delle vendite nel nostro Paese che sono salite complessivamente a 363 milioni di chili nel 2019, in aumento del 9%, mentre al secondo e terzo posto si trovano l’olio greco e tunisino.

«Il risultato di questa crescita dell’import d’olio – affermano il Presidente di Coldiretti Liguria Gianluca Boeri e il Delegato Confederale Bruno Rivarossa è un’invasione sugli scaffali dei supermercati di prodotti di scarsa qualità a prezzi stracciati proprio nel momento in cui sta arrivando l’olio nuovo ligure, dove si stima una riduzione quantitativa rispetto all’anno precedente, ma si conferma la buona e, soprattutto, garantita qualità. A favorire gli arrivi dall’estero è la mancanza di trasparenza in etichetta, nonostante sia obbligatorio indicare l’origine dal primo luglio 2009, in base al Regolamento comunitario n.182 del 6 marzo 2009. Infatti sulle bottiglie di extravergine ottenute da olive straniere in vendita nei supermercati è quasi impossibile, nella stragrande maggioranza dei casi, leggere le scritte “miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari” o “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari” riportate in caratteri molto piccoli, posti dietro la bottiglia e, in molti casi, in una posizione sull’etichetta che la rende difficilmente visibile. Per poter scegliere consapevolmente, i consumatori dovrebbero fare la spesa con la lente di ingrandimento, ma la completa chiarezza manca anche nei ristoranti, dove è fuorilegge 1 contenitore di olio su 4 (22%) che non rispetta l’obbligo del tappo antirabbocco. In attesa che vengano strette le maglie larghe della legislazione, per non cadere nella trappola del mercato, il consiglio è quello di guardare con più attenzione le etichette e acquistare extravergini liguri appartenenti alla DOP Riviera Ligure, declinata poi territorialmente nelle sottozone Riviera dei Fiori, Riviera del Ponente Savonese, Riviera di Levante, nonché rivolgersi direttamente alle aziende agricole locali, ai frantoi e nei mercati di Campagna Amica Liguria. Per difendere infine una delle nostre olive simbolo dalla concorrenza estera, l’oliva taggiasca, dalla quale si ricava uno degli oli più delicati al mondo, come Coldiretti stiamo inoltre portando avanti la battaglia per vederle riconosciuto il marchio della DOP, in modo da poterla legare indissolubilmente al suo territorio d’origine, evitare quel furto d’identità che normalmente accade e avere una garanzia maggiore in materia di trasparenza e tracciabilità.»

c.s.

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